Descrizione:
Orologio a pendolo con cassa in radica di noce, carica 30 giorni. Il quadrante è contenuto in una cassa in legno intarsiato con sportello di vetro, fiancheggiata da colonnine tortili e coronamento liscio. Il quadrante in argento e ottone intarsiato riporta le ore in numeri romani e i minuti in numeri arabi; internamente al quadrante delle ore un piccolo quadrante riporta i secondi e una finestrella quadrata permette di leggere i giorni del mese. La cassa appoggia su uno zoccolo rettangolare con quattro piedi, decorato con intarsi a motivi floreali. Sul corpo è presente uno sportello intarsiato bordato in nero, con una finestrella per controllare il movimento.
ISCRIZIONI/EMBLEMI/MARCHI/STEMMI/TIMBRI:
Riferimento alla parte:
quadrante
Posizione:
in basso
Definizione:
iscrizione
Trascrizione:
Daniel Quare London
Notizie storico-critiche:
Tra i più antichi orologi in uso nella Specola, questo di Daniel Quare ed un suo gemello - attualmente ospitato nella Biblioteca Universitaria - sono gli unici sopravvissuti. Nella nota, di mano di Manfredi, sugli Instrumenta quibus observationes peraguntur in hoc observatorio (scilicet Osservatorio Marsiliano) viene ricordato un "Horologium Londiniense Quarei dictum A" e un "Horologium Londiniense aliud Quarei dictum B." Una lettera di Manfredi a Marsili, in data 10 gennaio 1702 (Bibl. Un. Bo. Mss. Marsiliani 80A), aveva infatti segnalato l'arrivo dei due orologi inglesi ed informato che essi erano stati affidati a "Santino orologiaio" (probabilmente Sante Menini [scheda 13]) perché li ripulisse. Da una lettera di poco successiva, in data 7 febbraio 1702 (Bibl. Un. Bo. Mss. Marsiliani 80A), risulta, tuttavia, che essi, per quanto accurati, furono giudicati inadatti alle osservazioni astronomiche, non marciando con la regolarità richiesta. Un riscontro nei Registri dell'Osservatorio Marsiliano conferma il fatto che non furono mai impiegati per le osservazioni. Infatti, già nell'Instrumentum Donationis del 1712, gli orologi in questione non sono più nominati tra gli strumenti della Specola. Uno è stato rintracciato all'Istituto di Fisica dell'Università e, restaurato nel 1979 da G. Morigi (Bologna), si trova ora nella Sala meridiana della Specola. L'altro è in Biblioteca Universitaria.