DESCRIZIONE:
Oggetto:
La tavola rappresenta un feto di otto-nove mesi, al termine della gravidanza. Una parte della parete addominale anteriore del feto stesso è stata asportata per evidenziare l'origine dei vasi ombelicali, che proseguono poi nel cordone ombelicale e nella placenta, situata a destra del feto. Una parte della membrana amniotica è stata sezionata in modo da mostrare la rete vascolare della placenta.La figura è adagiata su di un drappo di tessuto imbevuto di cera e successivamente modellato. Il supporto è costituito da una tavola sagomata in legno a fondo celeste.
Funzione:
didattica
Notizie storico-critiche:
La preparazione anatomica in esame trova riscontro nell’inventario della collezione Solimei, alla descrizione n° 9: "Feto a termine colla placenta; l'addome è aperto, in cui distinguonsi i visceri addominali".L’elenco delle 32 cere Solimei -a cui si sommano altre 9 prive di numerazione, raggiungendo un totale di 41 oggetti- attribuite ad Anna Morandi (1714/ 1774), venne pubblicato nel 1857 da Michele Medici, in calce all’Elogio dei coniugi ceroplasti bolognesi Giovanni Manzolini e Anna Morandi, pronunciato un anno prima. In quel periodo la collezione era nelle mani del celebre chirurgo Francesco Rizzoli, donatagli da una erede di Giuseppe Solimei, figlio della coppia (il cognome venne mutato nel 1758 rispetto a quello del padre). La preparazione anatomica dovette dunque giungere all’Istituto delle Scienze successivamente al 1776, anno della nota acquisizione -citata concordemente dalle fonti- dei modelli morandiani, quindi soltanto dopo la soppressione napoleonica e la trasformazione di Palazzo Poggi in sede universitaria.La datazione del bene è orientativamente circoscrivibile ai due decenni che corrono dal 1755, anno di morte del marito Giovanni, al 1774, data di scomparsa della stessa ceroplasta.Rimasta sola a guidare lo studio di notomia, Anna Morandi continuò sollecitamente il lavoro appreso dal consorte sin dai primissimi anni di matrimonio, anzi incrementando la fama che la rese celebre anche fra i monarchi europei. Attraverso l’intercessione di Benedetto XIV ottenne il prestigioso incarico dal Senato bolognese di modellatrice presso la cattedra di anatomia dell'università già nel 1755. Il suo impegno era diretto principalmente a soddisfare le esigenze dei titolari delle cattedre di Chirurgia, Ostetricia ed Anatomia sia dell'università, sia dell'Istituto delle Scienze, partecipando conseguentemente alla diffusione dei risultati e delle scoperte scientifiche raggiunte. Probabilmente il preparato anatomico è da collocarsi posteriormente a questo impegno che le dovette procurare una pluralità di commissioni. La sua principale biografa Rebecca Messbarger evidenzia come gran parte della produzione della Morandi sia collocabile anteriormente al 1764, quando una grave malattia, quasi letale, colpì la ceroplasta.Va ricordato inoltre che il marito, nel 1746, ricevette dal medico Giovanni Antonio Galli una commissione per la realizzazione di una ventina di preparati ostetrici -ancora conservati al Museo di Palazzo Poggi nella sala dedicata alla Scuola di Ostetricia, vedi OSS- analoghi al modello in esame; la stessa Morandi, nonostante le fonti siano discordanti in merito, dovette intervenire fattivamente nella loro realizzazione.Successivamente, nel 1769 e nel 1771, il senatore Girolamo Ranuzzi acquistò dalla ceroplasta la raccolta delle opere, gli strumenti e l'aggiornatissima biblioteca, mettendole in cambio a disposizione un appartamento all'interno del suo palazzo, con la funzione di studio. Nella nuova e decorosa sede Anna Morandi ricevette in visita il 14 maggio del 1769 l'imperatore Giuseppe II, illustre fra i tanti ospiti che affollavano il suo studio.La collezione di Ranuzzi venne poi acquisita dall'Assunteria dell'Istituto delle Scienze nel 1776 (come precedentemente detto), a due anni dalla morte della Morandi. Soltanto un anno più tardi lo stesso Luigi Galvani pronunciò l'orazione "De Manzoliniana suppellectili" per salutare l'entrata dei pezzi nell'istituzione. Nel 1803, l'anno in cui lo studio bolognese si trasferì dall'Archiginnasio a Palazzo Poggi, il nucleo si trovava ancora esposto nella Camera Anatomica dell'Istituto delle Scienze (accanto alle opere di Ercole Lelli), mentre nel primo decennio del Novecento venne spostato presso l'Istituto di Anatomia Umana dell'università, fino al 2000, quando ritornò a Palazzo Poggi, dopo l’apertura del museo.